Il Camoscio Appenninico

Nome: camoscio appenninico

Nome scientifico: Rupicapra pyrenaica ornata

Classe: mammiferi

Diffusione: aree montuose dell’Appennino centrale

Minacce: numero limitato, diminuzione e scarsa consistenza dei gruppi, bassa variabilità genetica, interazioni sanitarie a rischio.

Ecologia: è un erbivoro, presente soprattutto nelle praterie di alta quota, oltre i 1700 metri durante la fase di estivazione del suo ciclo biologico mentre le aree di svernamento, da dicembre a giugno, sono costituite da aree boschive tra i 1000 e i 1300 m caratterizzate da forte pendenza ed esposizione meridionale per permettere un ridotto accumulo della neve e favorire così il reperimento del cibo. Le femmine e gli esemplari giovani vivono in branco, mentre i maschi si allontanano intorno ai 2 anni, per farvi ritorno solo nel periodo della riproduzione. Il camoscio è abituato a vivere in luoghi impervi, soprattutto pareti rocciose molto ripide, dove vi si ripara per sfuggire agli attacchi dei predatori. Se è allarmato il camoscio emette un tipico fischio di avvertimento. Il comportamento riproduttivo risulta energeticamente molto dispendioso per i maschi e visto che durante questo periodo non hanno molto tempo a disposizione per alimentarsi, arrivano alla metà di dicembre a dover affrontare l'inverno con limitate riserve di grasso; per questo motivo soprattutto i maschi più anziani muoiono, non riuscendo in queste condizioni a superare i rigori invernali. Con l'arrivo delle prime pesanti nevicate, termina il periodo riproduttivo e i camosci scendono verso le zone di svernamento. I piccoli, al termine del periodo di gravidanza, nascono tra la prima decade di maggio e l'ultima di giugno; in questo periodo si assiste alla formazione di “asili nido” in cui una o più femmine sorvegliano un gruppo di piccoli, mentre le altre madri possono pascolare nelle vicinanze senza incombenze.

Occorre fare attenzione a non confondere questo spendido animale con il più diffuso camoscio alpino: la differenza più vistosa è dovuta alla colorazione del mantello invernale. Mentre infatti in estate il mantello marrone chiaro (solo un pò più rossastro nel camoscio appenninico) con zampe, maschera facciale e linea vertebrale scure non presenta cospicue differene tra i due, è in inverno che emergono le maggiori diversità, con il mantello invernale del camoscio alpino che si presenta uniformemente molto scuro tranne zone biancastre in corrispondenza della fronte, gola e sottocoda, mentre nel camoscio appenninico si presenta di colore marrone scuro con ampie zone biancastre o isabelline sulla gola, lati del collo sino alla spalla e sui quarti posteriori. Ulteriori differnenze, inoltre, si evidenziano anche a livello craniometrico con missure significativamente minori nel camoscio appenninico.

                                                                

Note: Il camoscio appenninico costituisce una delle entità faunistiche più rare in Italia, tanto da farlo inserire come specie prioritaria nell’Allegato II e IV della Direttiva Habitat 92/43/CEE e in altri regolamenti comunitari. E’ classificato come “vulnerabile” nella lista rossa dei mammiferi redatta nel 2008 dall’IUCN e dall’IUCN/SSC Caprinae Specialist Group (Shackleton et al.,1997). Inoltre è “particolarmente protetta” dalla legislazione italiana (legge 157/92). Va sottolineato il fatto che recenti lavori sembrano indicare una notevole distanza genetica riscontrata tra questa e le altre 9 sottospecie di camoscio, tanto che si propone di far assurgere il camoscio appenninico al rango di specie (Rupicapra ornata), aumentandone così ulteriormente il valore conservazionistico.

Attuale numero complessivo di esemplari: circa 1500

Principali minacce

Limitato numero e dimensione delle popolazioni e scarsa variabilità genetica.
Una ridotta consistenza numerica complessiva con un conseguente limitato numero di popolazioni e secoli di isolamento costituiscono elementi concreti di minaccia per la conservazione di questa sottospecie. La bassa variabilità genetica, unita alla ridotta consistenza complessiva, rendono il camoscio appenninico vulnerabile a diversi fattori che potrebbero comportare fenomeni di estinzione a livello locale vanificando gli sforzi di conservazione compiuti grazie anche ai precedenti Life Natura.

Attuale decremento e destrutturazione della popolazione nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
Negli anni ’70 dello scorso secolo la residua popolazione di camoscio appenninico presente nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise era stimata in 250-300 esemplari, rimanendo più o meno costante fino ai primi anni ’90. Dal 1994 si è assistito ad una nuova fase di ricrescita che ha portato al 2005 a raggiungere una consistenza di 650-700 animali. Negli ultimi 3 anni i dati dei conteggi indicano una progressiva diminuzione nel numero degli animali osservati passando da 645 animali contati nel 2005, a 518 nel 2009 oltre a mostrare inoltre una ridotta frazione delle classi giovanili, soprattutto a carico delle femmine. Lo storico comprensorio di Val di Rose riflette appieno tale situazione aggravata da un problema di sopravvivenza al primo anno di vita dei piccoli. Com’è facilmente intuibile questa situazione, se non affrontata, mette a serio rischio non solo la conservazione della popolazione del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise sul lungo periodo, ma anche quella di questa sottospecie.

Consistenza attuale del nucleo presente sui Sibillini inferiore al numero critico perché la sua esistenza possa essere garantita a lungo termine
La minaccia fa riferimento all’esperienza sin qui acquisita nelle operazioni per la costituzione delle nuove popolazioni di Majella e Gran Sasso, dove risulta dimostrato come il numero di esemplari da rilasciare per arrivare a costituire una Minimum Viable Population (quel numero critico che una popolazione deve raggiungere perché la sua esistenza possa essere garantita a lungo termine) in grado di portare all’insediamento di una nuova colonia, sia di 30 capi con un rapporto sessi sbilanciato verso le femmine. I positivi risultati ottenuti da precedenti operazioni di rilascio indicano di proseguire nelle operazioni.

Interazioni sanitarie a rischio
Animali domestici possono essere portatori di malattie trasmissibili al camoscio in grado di influenzare negativamente soprattutto (ma non solo) i nuclei in fase di colonizzazione di nuovi territori. A differenza del bestiame queste malattie, una volta trasmesse alla popolazione di camoscio in natura, risultano molto difficili da gestire. Nel Piano d’azione nazionale per il Camoscio appenninico questa minaccia è ritenuta avere un impatto alto in quanto la presenza estiva del bestiame (pecore, capre, bovini ed equini) allo stato brado nelle aree ove sono presenti gruppi stabili di Camoscio appenninico, può comportare l’immissione nell’areale di agenti patogeni, che possono essere trasmessi per via diretta o indiretta. A ciò si aggiunga la ridotta variabilità genetica presente nella sottospecie che rende gli esemplari estremamente simili tra loro, con la conseguente impossibilità di dare una risposta differenziata nei confronti di queste malattie.