598 camosci "contati" nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise

 

E' dal 1993 che il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise effettua conteggi in alta quota per monitorare l'andamento della popolazione di camoscio appenninico che, a partire dal 2009 e per circa un paio di anni, ha mostrato una leggera flessione numerica dovuta alla bassissima sopravvivenza dei capretti nel primo anno di vita, una mancanza di ricambio generazionale per la scarsa sopravvivenza dei piccoli ed una conseguente leggera destrutturazione della popolazione con sbilanciamento verso le classi di età più anziane. Oggi il quadro rappresentato dai conteggi autunnali, di cui sono stati appena resti disponibili i dati, mostrano un quadro generale in netta ripresa. Sono stati contati infatti ben 598 camosci, di cui 134 piccoli dell'anno (tasso di natalità del 22%), 68 yearling, animali di un anno (11%) e 396 animali adulti. 

Il conteggio ha consentito di verificare anche come il tasso di sporavvivenza al primo anno, misurato confrontando il numero degli yearling del 2017 con il numero dei capretti nati nell'anno precedente, indica che il 55% dei capretti nati nel 2016 sia sopravvissuto all'anno successivo, valore questo che rientra in quelli medi della sopravvivenza al primo anno per gli ungulati selvatici. In pratica assistiamo, come fanno notare i tecnici del Parco, ad una popolazione tipicamente stabile, non ad andamento con crescita esponenziale come capita alle popolazioni reintrodotte in altri Parchi dunque, ma con oscillazioni naturali dovute, con molta probabilità, a meccanismi densità-dipendenti, ossia a fenomeni naturali di autoregolazione per cui la popolazione resta più o meno stabile con alcune fluttuazioni a breve termine, raggingendo la capacità portante dell'ambiente. Si è osservato inoltre come, negli ultimi 20 anni, l'areale della popolazione si sia modificato, spostando il suo baricentro nella parte meridionale del Parco: alcune aree, storicamente utilizzate dal camoscio, si sono "svuotate" a favore di una colonizzazione molto rapida e consistente di altre.

E' indubbio come la conservazione del camoscio appenninico sia stata una delle sfide più importanti e meglio riuscite delle Aree Protette, a partire già dal 1992 quando il PNALM si adoperò coraggiosamente in un'operazione di reintroduzione di questa rara entità faunistica in altri contesti geografici. L'operosità delle Aree Protette è proseguita poi grazie all'impegno anche degli altri Parchi successivamente istituiti (Majella, Gran Sasso, Sibillini, Sirente Velino) in cui le attuali consistenze numeriche delle rispettive popolazioni sono la terstimonianza concreta del successo di queste rientroduzioni, portate avanti anche grazie a progetti come il Life Coornata, che hanno potuto beneificare del sostegno dell'Unione Europea.

Leggi la notizia completa